Su molenti de Oramala (L’asino del diavolo) nasce dalla passione per l’immaginario fantastico e superstizioso popolare poichè la cultura della Sardegna è ricca di racconti, personaggi, dicerie, presenze. La trama vive grazie alla lunga ricerca e all’attento studio dei vari filoni del racconto fantastico, sia sardi sia di area mediterranea. Essa attinge a varie funzioni e tòpoi narrativi: la processione delle anime, la credenza che i bambini morti prima del battesimo non potessero andare in paradiso, il mito dell’asinello ‘caga denari’, il patto col diavolo e la vendita delle anime durante i sabba, i riti sciamanici e i voli estatici, il tema del viaggio in un’altra dimensione, etc.
Riferimento ai modelli metrici della poesia estemporanea in Sardegna: all’interno della storia, nella dimensione fantastica si comunica in rima, per indovinelli e scioglilingua. L’adesione al modello metrico tradizionale non è mai rigida e priva di deroghe, ma è presente la volontà d’ispirarvisi per trarne opportuna musicalità in favore del ritmo dei dialoghi. Come la soluzione di un indovinello posto dall’Oracolo: legato all’immaginario delle comunità contadine e pastorali dell’isola, la formula si riferisce a un noto detto popolare…
Tra i personaggi,Is Mammas Nieddas s’ispirano dichiaratamente alle maschere del carnevale di Bosa. Anche se l’esito visivo e simbolico del personaggio è frutto della fantasia degli autori.
Il tema del bilinguismo e l’utilizzo della lingua sarda: il bilinguismo fornisce una rappresentazione ‘sociolinguistica’ della Sardegna interna in cui ancora l’utilizzo della variante di lingua sarda è piuttosto diffusa. La storia offre lo spunto per rappresentare l’attuale divulgazione dell’uso delle varianti dialettali sarde e il rapporto tra diverse generazioni nell’utilizzo delle stesse. Inoltre, la scelta della lingua sarda in alcune parti del film, è richiesta dall’esigenza ‘politica’ di rafforzare e testimoniare la validità espressiva e affabulatoria della lingua sarda.
Il paesaggio: è il vero protagonista del viaggio di Vincenzo nel mondo della fantasia. Un quadro suggestivo e sublime che corre lungo tutto il filo del racconto, fortemente saldato ad un’idea di natura immensa ed incontaminata, ma anche selvaggia e misteriosa. Gli scenari sono quelli della Sardegna centrale, l’intento quello di promuoverne la bellezza e il fascino.
I volti e gli interpreti: il paesaggio naturale si coniuga fortemente al ‘paesaggio antropico’. Gli interpreti non professionisti delle comunità sarde dell’interno, (tra cui un centinaio di bambini), connotano un somatotipo all’interno del racconto e del genere narrativo cui esso si riferisce. I volti vissuti di persone dedite prevalentemente ai lavori di campagna, all’aperto, hanno un sapore forte ed evocativo; la scelta dei bambini privilegia volti intensi e dalla mimica forte e di spessore.
“Ho sempre pensato che il corpo parla la storia della persona cui esso appartiene, spesso avvalendosi di codici e registri inconsci e non solo di segni e tratti esteriori”.
(Simone Contu)
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