Sa regula (La regola), è un racconto ascrivibile al genere della commedia dialettale sarda.
Ideazione della storia: ‘fatali’ i riferimenti a un vissuto personale: “la tragedia del capretto regalatoci quando eravamo bambini, la grande bugia raccontata pur di nascondere la cruda verità, io e mia sorella Arianna l’abbiamo vissuta in prima persona”. (Simone Contu)
La trasmissione della cultura e della lingua sarda: come trasferire alle future generazioni (la maggior parte dei bambini abitanti in Sardegna è di madrelingua italiana!) il corpus della ‘cultura sarda’? Il film risponde al quesito non tanto per fornire soluzioni di politica linguistica o per creare un vademecum di insegnamento ad uso e consumo di famiglie e genitori; l’intento è piuttosto quello di far riflettere raccontando gli scenari sociali e familiari in cui nascono e si sviluppano queste ‘urgenze pedagogiche’, mettendo in guardia lo spettatore dalle distorsioni educative derivanti da falsi miti identitari: la Sardegna dei sardi non ha bisogno di far crescere ed educare ‘figli folk’.
Il riferimento alla cultura agro-pastorale: il racconto è l’occasione per raccontarne soprattutto l’immaginario, i valori, l'approccio al mondo ed alla vita. La chiave e il registro sono squisitamente drammaturgici, non vi è l’istanza del rigore presente nei documentari di taglio etno-antropologico.
“Sono figlio, nipote e parente di caprari, io stesso lo sono stato, anche se per un breve periodo…” (Simone Contu) |