Quando Simone mi parlo’ del progetto de Su molenti de Oramala (L’asino del diavolo), rimasi scettico: nani, vasche volanti, asini parlanti, uomini vestiti da mamme con figli bambolotti, bambini morti e per di piu’ parlato per la quasi sua interezza in lingua sarda, quando poi mi spiego’ che era frutto di un’elaborazione di antiche tradizioni sarde, cominciai a mettermi nell’ottica di un fantasy in realta’ moderno se non addirittura futuristico.

Erano da subito chiari i problemi dal punto di vista produttivo, Simone coraggiosamente s’e’ fatto carico di tutto e tutti, nonostante io lo esortassi nel concentrarsi sul suo lavoro registico.

Iniziarono le riprese e spesso lo sentivo la sera, distrutto, sommerso da mille problematiche di ogni tipo, anche quelle che non avrebbero dovuto distrarlo, ma nonostante tutto, da persona cucciuta, ha portato il lavoro a casa.

Quando abbiamo iniziato a montare L’asino del diavolo era estate, e faceva molto caldo a Roma, decidemmo quindi di trasferirci in montagna in Trentino isolandoci da tutto e tutti,  dove potevamo concentrarci unicamente sul progetto, che si presentava unico nel suo genere.

Stavamo in una cantina fresca, senza finestre, con la sola luce dei monitor. Iniziavamo subito dopo colazione verso le 9 e finivamo la sera, talvolta lavorando fino a mezzanotte…

Fortunatamente Simone aveva ben chiaro quello che voleva, anche se e’ sempre stato molto attento ai miei consigli, i primi giorni furono forse i piu’ duri perche’ dovevamo dare un senso a tutto, bisognava trovare una chiave di lettura al materiale e quindi bisognava dargli forma, molte sono state le scene montate e rimontate talvolta stravolte e poi magari dopo giornate di lavoro addirittura eliminate.

Alla fine poi, dopo due settimane di chiusa, siamo riusciti a finire  un primo montato, che ovviamente e’ stato modificato nei mesi successivi in base anche alle musiche, agli effetti speciali e dagli input che arrivavano dalle proiezioni.

Prima di lasciare il Trentino, ci siamo concessi una serata  e siamo stati a mangiare del pesce, una trota, per  festeggiare questo primo traguardo, pur consapevoli che la strada era ancora lunga.